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Madonna col Bambino

e san Giovannino

 

di   Domenico Puligo

       (1492-1527)

Dono in memoria di Vittorio e Dina Frascione

Collocato nella chiesa di S. Lucia sul Prato il 21 settembre 2014

Domenico Puligo

Madonna col Bambino e San Giovannino


Olio su tavola, cm. 102 x 79,5

   
  Il dipinto è stato donato a Santa Lucia sul Prato nel 2014 in memoria dell’antiquario e collezionista Vittorio Frascione, che risiedeva nel quartiere e proprio in questa chiesa seguiva la celebrazione della messa. L’opera comparve sul mercato dell’arte nel 2005 già con il corretto riferimento a Domenico Ubaldini detto il Puligo (Firenze 1492-1527), pittore formatosi con Ridolfo del Ghirlandaio ma che risulta indipendente fin dall’inizio del secondo decennio del Cinquecento.

All’epoca egli si accostò infatti alla bottega di Andrea del Sarto, col quale ebbe un legame particolarmente intenso anche sul piano culturale. Insieme a lui e ad altri artisti Domenico prese parte alle attività della Compagnia del Paiuolo, una conventicola di personaggi che si riuniva nella bottega dello scultore Giovanfrancesco Rustici dedicandosi a letture erudite e alla recitazione di commedie antiche e contemporanee, cui alternavano passatempi più faceti e goliardici come l’organizzazione di banchetti stravaganti.   

Dalla formazione con Ridolfo il Puligo mutuò l’uso di ombre molto modellanti, mentre ad Andrea dovette il gusto per i colori accesi e squillanti tipici della prima Maniera moderna fiorentina, che si sposano a una pittura morbida e sfumata in una sorta di “nebbia” (secondo la definizione data dal Vasari nelle Vite), che appanna i contorni delle forme seguendo la lezione leonardesca. Della Maniera il Puligo fu uno degli esponenti più prolifici anche se il suo nome non è oggi tra quelli reputati di primo piano in quella fase epocale per il Cinquecento non solo toscano.

Questo aspetto emerge anche dal titolo dell’unica esposizione monografica finora dedicatagli, e tenutasi nel 2002 in Palazzo Pitti a Firenze, nella quale il Puligo venne definito un protagonista dimenticato della pittura fiorentina, e dipende sostanzialmente da due fattori salienti: ovvero dalla sua mancata partecipazione alle imprese artistiche più importanti del primo Manierismo toscano realizzate dall’entourage sartesco (ad esempio il chiostrino dei Voti dell’Annunziata), e dal fatto che a fronte di un repertorio di opere piuttosto ampio, raccolto dalla critica a partire dal Novecento e poi in gran parte censito nel catalogo della mostra del 2002, non sono molti i suoi dipinti databili con certezza.  

Per contro invece diversi lavori documentati sono andati purtroppo perduti, privandoci di preziosi appigli cronologici e stilistici che avrebbero senz’altro aiutato a mettere ordine in una produzione non facilmente riconducibile ad una successione di fasi definite. Perduta è ad esempio la decorazione di una cappella nella Badia di Buonsollazzo in Mugello, eseguita nel 1519 e che inaugurò il suo intenso rapporto di committenza con l’ordine dei Benedettini Cistercensi, così come non ci è purtroppo giunta un’importante pala con le Stimmate di San Francesco eseguita nel 1526 per la cappella della famiglia Del Giocondo alla Santissima Annunziata di Firenze. Per i Benedettini Cistercensi lavorò anche alla Badia di San Salvatore a Settimo (Firenze), eseguendo un perduto ciclo di affreschi e una piccola pala d’altare oggi nel John and Mable Ringling Museum di Sarasota (Florida), e in un’altra chiesa dell’ordine, quella di Santa Maria Maddalena di Cestello a Firenze, si trova una delle sue opere più riuscite ed importanti, la Madonna col Bambino e sei Santi dipinta per la famiglia Da Romena.    La prima opera datata del Puligo pervenutaci è un Ritratto d’uomo che scrive nella Firle Place Estate a Lewes (Sussex), che porta il riferimento al 1523, e precede di due anni la sua immatricolazione alla Compagnia di San Luca dei pittori fiorentini, antesignana della più celebre Accademia del Disegno. Nello stesso periodo l’artista eseguì la già citata pala di Cestello, uno dei suoi dipinti più riusciti ed importanti, che risulta collocata in chiesa dopo il marzo del 1526, e la cui composizione fu da lui in parte ripetuta nello Sposalizio mistico di Santa Caterina d’Alessandria affrescato lo stesso anno in un tabernacolo di via delle Ruote. Insieme ad una grande tavola con la Presentazione della Vergine al Tempio e Santi nella chiesa fiorentina di Santa Maria degli Angiolini, queste furono le ultime opere di vasto impegno dell’artista, che si ammalò di peste e fece testamento nel settembre del 1527, morendo di lì a poco.    

Restano invece senza una datazione precisa le molteplici versioni del tema della Sacra Famiglia e della Madonna col Bambino, che decretarono il successo del Puligo presso la committenza privata grazie alla sua innegabile capacità di interpretare il soggetto sacro e devozionale temperando eleganza formale e preziosismo pittorico con una quieta e domestica semplicità di affetti. E lo stesso accade per la maggior parte dei ritratti, altra fortunata branca della sua attività artistica nella quale riuscì sapientemente a coniugare l’attestazione dello status sociale o culturale dei modelli con un’efficace introspezione psicologica.   

Le opere per la devozione privata si possono comunque perlomeno scalare sulla scorta della loro affinità con le poche pale d’altare documentate, e inoltre osservando come esse propongano spesso idee compositive ricorrenti, ma che si fanno gradualmente sempre più elaborate, talvolta anche variando e rendendo più complessi alcuni spunti mutuati dai principali protagonisti della Maniera moderna fiorentina, quali Andrea del Sarto e Fra Bartolomeo. Tali influssi sono però riletti con uno stile fortemente personale e riconoscibile, che si fonda sul chiaroscuro morbido e avvolgente, e su personaggi dai tratti somatici sempre peculiari. Questi elementi permettono di collocare la Madonna col Bambino e San Giovannino oggi in Santa Lucia nell’ultimo e intenso periodo di attività del Puligo, per le indubbie assonanze che la legano alla pala di Cestello e ad un’altra significativa opera tarda, la Madonna col Bambino e due Santi della Pieve di Laterina (Arezzo). A questo secondo dipinto rimanda l’idea di inserire il gruppo sacro in una vasta nicchia di pietra bruna profilata da pilastri lisci e fortemente ombreggiati, mentre la tavola per i Da Romena è echeggiata soprattutto nel dolce volto della Madonna dallo sguardo abbassato. Evidentemente la pala d’altare di Cestello fu molto ammirata senz’altro più di quella nello sperduto paese del contado aretino – e ciò portò alcuni committenti cittadini a chiederne delle varianti per la devozione privata, limitate ai personaggi principali. Così il Puligo elaborò la composizione del nostro quadro, che divenne a sua volta popolare e replicato, visto che ne esiste una redazione autografa quasi identica, già in collezione Lambert a New York.   
                                    

                                                                                                                          Alessandro Nesi

 

    
Bibliografia di riferimento

  
G. Vasari, Le vie de’ più eccellenti pittori,scultori et architettori (1568), edizione a cura di G. Milanesi in Le opere di Giorgio Vasari, Firenze 1878 – 1885, IV, pp. 461 – 473.   

 

Domenico Puligo (1492-1527). Un protagonista dimenticato della pittura fiorentina, catalogo della mostra (Firenze 2002), a cura di E. Capretti e S. Padovani, Livorno 2002.

   
Dipinti antichi, Sotheby’s Milano, 1 giugno 2005, p. 41, lotto n. 80.  

Madonna del latte

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