Parrocchia di S. Lucia sul Prato
La chiesa di Santa Lucia sul Prato d’ Ognissanti, già parrocchia nel 1221, fu edificata fuori dal secondo cerchio di mura della città per le necessità spirituali della popolazione del rione, in continuo aumento dalla metà del Duecento per le opportunità di lavoro che vi trovava, da quando i Frati Umiliati, esperti nella lavorazione della lana, vi si erano insediati per la vicinanza all’ Arno.
Il fiume era all’ epoca infatti una importantissima fonte energetica per lo svolgimento di tale attività e la presenza degli Umiliati aveva attratto nella zona molti operai tessili, che avevano bisogno anche di una chiesa di riferimento.. Inizialmente conosciuta come Santa Lucia a Sant’ Eusebio, dal nome del vicino lebbrosario, il primo costruito a Firenze per combattere tale malattia, fu poi chiamata Santa Lucia sul Prato per il grande prato antistante che la caratterizzava nei secoli scorsi. Nel 1251 il vescovo di Firenze, Giovanni de’ Mangiadori, la concesse appunto agli Umiliati: non si trattava ancora di una chiesa vera e propria, ma di una cappella eretta , come detto, per il diffuso stanziamento nella zona di lavoranti della lana, allora la prima attività in Firenze.
A questa fase iniziale della storia della chiesa risale, al suo interno, nel primo arco a sinistra, l’affresco rappresentante l’ Annunciazione di un ignoto pittore della seconda metà del Trecento, copia della famosissima opera conservata nell’ omonima chiesa fiorentina. Anche il bel ciborio marmoreo e la splendida tavola del Maestro di Santa Lucia ( c.a 1490 ) con l’ Adorazione dei pastori, copia dell’ opera di Domenico Ghirlandaio conservata in Santa Trinita nella cappella Sassetti, sono riferiti all’ epoca in cui questi frati ebbero lo ius sulla chiesa. Negli stessi anni in cui si insediarono in Santa Lucia, gli Umiliati stavano costruendo però sul terreno acquistato dalla famiglia Tornaquinci quegli edifici che sarebbero stati il convento e la chiesa di Ognissanti, dove si trasferirono nel 1256, sviluppando la loro attività tessile in tutto il rione che per secoli, appunto, risulterà abitato essenzialmente da tessitori.
La chiesa di Santa Lucia è dunque anteriore a quella di Ognissanti, ma deve essere passata dalle dimensioni di cappella a quelle, forse, attuali, solo dopo che gli Umiliati la vendettero per 840 scudi a Cosimo I, il quale vi insediò nel 1547-48 i Canonici Regolari Agostiniani di San Donato a Scopeto, fuori Porta Romana, detti “ Scopetini “, che avevano dovuto abbandonare il loro monastero per far posto ad opere di fortificazione durante l’ assedio di Firenze del 1529-30. Di questo cambiamento i parrocchiani ebbero però a soffrirne molto, per il difficile rapporto che si creò tra questi monaci e gli Umiliati ancora presenti in Ognissanti, tanto che i fedeli, sentendosi trascurati nei sacramenti e nella loro vita spirituale per le liti tra i due ordini religiosi su chi dovesse occuparsi di celebrare nella chiesa di Santa Lucia, gli intentarono varie cause davanti alle autorità civili e religiose, sempre con esito positivo.
Nel 1547 dunque gli Umiliati, ormai decaduta l’ Arte della Lana, lasciarono Santa Lucia e vi furono sostituiti dai Canonici, che restaurarono totalmente la chiesa entro il 1551 ed iniziarono a costruirle di fronte un convento, che però non fu mai ultimato perché i monaci ottennero dal papa il permesso di potersi trasferire in Sant’ Iacopo sopr’ Arno, pur continuando ad occuparsi della cura delle anime di Santa Lucia fino al 1703, quando lasciarono a loro volta la chiesa ai Missionari di San Vincenzo de’ Paoli, che la tennero fino al 1720. Risale probabilmente agli anni Venti del Settecento, se non agli inizi del secolo, la bella tela di autore sconosciuto con le figure di San Giuseppe e del Bambino Gesù, che è quanto oggi resta di un quadro composito costituito da due tele, una interna, appunto quella rimasta, ed una esterna, che recava le immagini di San Francesco di Sales e di Santa Teresa di Gesù a grandezza naturale ed in posizione genuflessa.
La necessità di procedere allora a nuovi restauri dell’ edificio ed il fatto che i Missionari non fossero in grado di farvi fronte fece sì che la gestione della parrocchia passasse al clero secolare, nella persona del sacerdote Anton Francesco Palchetti e che i marchesi Raffaello e Giovanni Torrigiani, patroni della chiesa, ne finanziassero la ristrutturazione radicale che dette all’ edificio un’ impronta barocca, cui poi si sono fatte aggiunte neoclassiche nei successivi lavori datati 1831-38, nel corso dei quali dal pittore Paolo Sarti fu decorata la volta con un affresco rappresentante Santa Lucia portata in cielo dagli angeli, mentre l’ architetto Giovanni Mannaioni rifece la facciata, così come oggi la vediamo. Nel presbiterio furono poi collocati due bassorilievi in gesso di Salvatore Bongiovanni, raffiguranti Mosè che disseta il popolo ebreo e Mosè che salva il popolo ebreo dai serpenti.
L’interno ha subito pesanti rimaneggiamenti anche in epoca successiva: nel 1885 l’ architetto Michelangelo Maiorfi sistemò il presbiterio,dove negli anni Cinquanta del Novecento furono aggiunti degli affreschi di Angelo La Naia rappresentanti Santa Lucia, patrona della chiesa ed il beato Ippolito Galantini, figura di spicco della devozione fiorentina del Seicento, oltre alle immagini di San Giovanni e delle pie donne al Calvario che fanno da sfondo al grande, splendido Crocifisso cinquecentesco proveniente dalla Compagnia di San Benedetto Bianco. Al La Naia si deve anche l’ affresco rappresentante Il Battesimo di Gesù nel Giordano nel primo arco a destra all’ interno: questo affresco decorava il fonte battesimale della chiesa, costruito nel 1952 per volontà della famiglia Coletti Perucca, che aveva voluto così ricordare suo figlio Onorio, fucilato a vent’ anni dai fascisti per essersi rifiutato di arruolarsi nell’ esercito della Repubblica Sociale. Nei restauri successivi all’ alluvione del 1966 furono eliminati gli altari laterali barocchi e il pavimento a quadroni di marmo fu sostituito col cotto; la balaustra di marmo bianco che isolava il presbiterio dal resto della chiesa è scomparsa e l’ altare attuale, rivolto verso i fedeli secondo le disposizioni del Concilio Vaticano II, è decorato da un bassorilievo di Mario Moschi rappresentante la Moltiplicazione dei pani.
Nel 1984 il pittore Luciano Guarnieri dipinse a fresco la Trasfissione nel secondo arco a destra. La cappella espressamente dedicata alla santa patrona, Lucia, non fa parte dell’ antica struttura romanica dell’ edificio ma fu aggiunta posteriormente ed adornata secondo il gusto tardo barocco agli inizi del Settecento dal primo parroco appartenente al clero secolare, Anton Francesco Palchetti, che nel 1737 vi fu anche seppellito. Tale decorazione fu modificata con aggiunte di abbellimenti nel 1885, ma l’ aspetto attuale risale al 1975, con la collocazione della tela del pittore Adolfo Tagliaferri, che è una copia dell’ opera quattrocentesca di Matteo di Giovanni conservata a Borgo San Sepolcro, e che è andata a sostituire la vecchia statua della Santa precedentemente posizionata nella nicchia sottostante. La cappella di fronte a quella dedicata a Santa Lucia risale al 1427 e fu costruita per la famiglia di Mariotto de’ Giunti; ha assunto la forma attuale o nel corso della ristrutturazione del 1548-51 o di quella del 1720. E’ divenuta nel 1980 la nuova sede del fonte battesimale, spostato dal posto dove era stato collocato nel 1952 e decorata con un grande rilievo in maiolica monocroma rappresentante quattro scene bibliche ed i simboli degli Evangelisti nei quattro rilievi laterali. L’ opera è di Aldo Rontini All’ esterno, sulla sinistra della facciata, si trova l’ antica cappella della Compagnia di Santa Lucia, poi della Dottrina e poi ancora del SS. Sacramento, dove si venerava fino agli inizi del Novecento un miracoloso e famosissimo Crocifisso dei Bianchi, appunto lasciato per grazia ricevuta ai confratelli della compagnia da un gruppo di Bianchi di ritorno dal loro pellegrinaggio nella notte di san Silvestro del 1400. Questo è uno dei quattro antichi Crocifissi dei Bianchi che ancora oggi si conservano a Firenze.
Bibliografia
G. Richa, Notizie istoriche delle chiese fiorentine divise ne’ suoi quartieri, Firenze 1756, tomo IV, pp.205-219.
W. e E. Paatz, Die kirchen von Florenz, Frankfurt am Main 1941, pp. 619-626.
V. Cirri, Porta al Prato e il suo rione, Firenze 1977.
G. Trotta, Il Prato d’ Ognissanti a Firenze, Firenze 1988.
Marta Benvenuti
Santa Lucia sul Prato
Tre piumini all'altare
e una strana voce dal fondo
Santa Lucia sul Prato (domenica 26 gennaio 0re 10,30)
La chiesa di Santa Lucia sul Prato, con la sua bella facciata bianca che nasconde una grande storia, si trova in una piccola strada che congiunge Borgo Ognissanti con via Palazzuolo.
Alle ore 10.30 di domenica mattina tanti sono i fedeli che assistono alla messa di don Paolo. Tre bambini, due maschi e una femmina, nei loro piumini colorati, servono la messa. Sull'altare spicca una composizione di fiori bianchi e rossi e due candele. Un coro di cinque donne accompagnate da una signora all'organo, intona i canti. Partendo dalle parole di di Gesù citate dall'evangelista Giovanni (4,12-23): "Convertitevi perché il regno dei cieli è vicino", don Paolo invita tutti a tornare sui propri passi, perché qualcosa di bello possa accadere. "Non siamo attratti da Dio solo perché ci protegge o esige da noi un certo comportamento - dice - ma perché l'amore è una cosa bella. Dio ci chiama a una vita bella non limitata e fatta di paure. Basta guardare le cose in modo diverso. Tornare sui propri passi vuol dire tornare a scoprire la bellezza interiore che pulsa dentro di te, che è il Regno".
Tanti bimbi si avvicinano all'altare con i doni per l'offertorio e due di loro faticano ad aprire un leggio su cui collocare la Bibbia, sotto lo sguardo un po' divertito del sacerdote.
Sul fondo della chiesa un barboncino bianco gioca tranquillo e fa sentire la sua "voce", per un attimo, durante la comunione. Alla fine della messa don Paolo si cambia velocemente ed è subito tra i parrocchiani.
FRANCESCA TOFANARI